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Trittico del Tokyo Ballet

  • Immagine del redattore: massiddaluca
    massiddaluca
  • 18 nov 2024
  • Tempo di lettura: 3 min

Parte 1 Ho visto il trittico del Tokyo Ballet al Teatro Lirico di Cagliari per ben tre volte, nelle serate: martedì 12, giovedì 14 e sabato 16 novembre 2024. Si, lo ammetto: sono un theater-freak.

Al solito la “recensione non richiesta” è una recensione semiseria con largo uso di iperboli e pregna di ironia. Conosco il lavoro del danzatore il rispetto nei confronti nei confronti di tutti gli artisti e le artiste della compagnia è massimo.


Dopo aver scritto i soliti avvertimenti per non essere mal interpretato, tuffiamoci in queste tre serate straordinariamente galattiche presentate a Cagliari dalla compagnia del Tokyo Ballet. Generalmente le tre serate a cui ho assistito sono state astronomiche, galattiche, incredibili, belle in maniera incomprensibili.

La Compagnia è di una qualità sublime, e per citare un’amica che ha visto uno spettacolo con me: “Danno quasi fastidio da quanto sono perfettǝ… tuttǝ, uomini e donne, li avrei guardati anche tagliarsi le unghie dei piedi da quanto sono bravǝ!”.


Il “Regno delle Ombre” da Bayadere è stato incredibile, la “Petite Mort” è uno dei miei balletti preferiti e la “Sagra della Primavera” è stata una chiusura potentissima di un trittico magistrale.


Applausi del Corpo di Ballo femminile "Bayadere" - martedì 12 novembre

Durante tutte e tre le serate, come già scritto, a qualità del prodotto visto in scena era astronomica.

Il corpo di ballo femminile in Bayadere (versione Makarova) era un unico corpo composto da 24 ombre, e sembrava robotico da quanto era perfetta la sincronia d’insieme?. Qualche minuscola incertezza da parte delle primissime ombre durante la loro prima apparizione, che si devono sparare un quantitativo illegale di arabesque, ha reso la compagnia semplicemente umana.

Braccia, épaulement, respiri, altezze, file, dinamiche… tutto era insieme e tutto era calcolato al millesimo di secondo. Una meraviglia per gli occhi.

L’anno scorso ho riadattato l’Adagio delle Ombre per il Centro Studi DanzArte di Uta (diretto da Michela Mua) e so quanto lavoro ci sia dietro quella coreografia che al pubblico può sembrare banale. Riproporre oltre quarantina di volte di volte la medesima legazione è alienante, ha bisogno di un quantitativo di attenzione quasi sovrumano, necessita poi di essere riempito da artisticità e da espressività per valorizzare il gruppo e non solo il singolo. Il corpo di ballo femminile in tutta Bayadere è stato, in due parole, semplicemente sublime.


Applausi di "Petite Mort" - giovedì 14 novembre

Petite Mort”: un nome. una garanzia.

Questo pezzo coreografato da Kylián mi aveva folgorato quasi vent’anni fa facendomi desiderare di danzarlo e di diventare ballerino.

Creato nel ’91 ed ancora, a oltre trent’anni di distanza, tremendamente contemporaneo, questo pezzo trascende il tempo, lo spazio e le esperienze. La bellezza di questo balletto è universale. Tuttǝ abbiamo avuto a che fare con il piacere, e questa coreografia ne è la rappresentazione plastica. La musica di Mozart e la coreografia che fa scrivere ai corpi gli accenti è una “piccola morte” (alias un orgasmo) per l’anima.

Le sei coppie impegnate offrono (con piccole e giuste differenziazioni) una grande lezione di stile, di qualità e di sensualità.


Applausi finali dello spettacolo dopo "Sagra della Primavera" , la Compagnia con il Direttore di Orchestra Paul Murphy - giovedì 14 novembre

Sagra della Primavera” di Béjart è il finale perfetto del trittico. Dopo l’idealizzazione del femminile in Bayadere, l’unificazione dei sessi in Petite Mort, in questo balletto abbiamo l’apoteosi del maschile. L’ “Adorazione della Terra” coreografata da Béjart è animalesca, primitiva, ancestrale. Il corpo di ballo maschile trasuda testosterone e sesso. I passi creati anni fa dal coreografo francese sulla partitura di Stravinsky sono praticamente perfetti. Devo marcare la bravura di tutti i danzatori uomini impegnati in questo primo movimento di “Sagra”, tolta qualche piccola sbavatura sono stati di una forza incredibile, animaleschi al punto giusto, “maschi” (nel senso più stereotipato del termine) al punto giusto, presentandosi comunque misurati ed eleganti. La seconda parte, “il Sacrificio”, affidato alla parte femminile della Compagnia, è bellissima però musicalmente e coreograficamente meno incisiva della prima parte. La fine de “il Sacrificio” però è il finale perfetto per la coreografia di Béjart nonché di tutta lo spettacolo. Il maschile affranto dell’Eletto e la forza incredibile dell’Eletta si uniscono in un’orgia di forza e di espressività che, per me, sarà difficile da dimenticare.

Ci sarebbe tanto da parlare anche dei danzatori e delle danzatrici che hanno eseguito i “primi ruoli”, ci sarebbe da parlare delle variazioni interpretative che il Direttore d’Orchestra ha proposto in queste serate dove ero seduto tra il pubblico; ma per evitare di allungare troppo questa recensione scriverò di loro in futuro. Voi? Avete visto lo spettacolo? Come sempre dopo una mia recensione non richiesta apriamo il dibattito e chiacchieriamo di danza, perché è bello scambiarsi idee, impressioni e suggestioni.

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